In questi primi mesi di attività siamo stati contattati da svariate stazioni appaltanti con sede all’estero. Il Codice dei contratti travalica i confini nazionali e, sebbene con gli aggiustamenti previsti dal decreto del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI), si applica per tutti centinaia di uffici sparsi per il mondo. L’importanza strategica di queste sedi è evidente in quanto rappresentano l’Italia nel commercio (ICE), nella cooperazione allo sviluppo (AICS), nella diplomazia (Ambasciate e Consolati) o difesa (missioni). In territori molto diversi per cultura e diritto, talvolta risulta impraticabile seguire le regole nazionali o comunitarie.
Parola chiave: semplificazione
Al pari dei piccoli comuni, questi enti hanno bisogno di semplificazioni. In queste sedi molto spesso il personale non ha preparazione in appalti pubblici, perché esperto in materie specialistiche, sebbene si chiedano gli stessi adempimenti previsti per le stazioni appaltanti situate in Italia. Una tra le tante, molto controversa, è l’applicazione del decreto sulla salute e sicurezza. Applicare il Decreto n. 81 del 2008 alle missioni in territori di guerra appare un controsenso.
L’articolo 13, comma 4 del Codice dei contratti pubblici prevede che “con regolamento del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentita l’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), sono disciplinate, le procedure di scelta del contraente e l’esecuzione del contratto da svolgersi all’estero, tenuto conto dei principi fondamentali del presente codice e delle procedure applicate dall’Unione europea e dalle organizzazioni internazionali di cui l’Italia è parte. Resta ferma l’applicazione del presente codice alle procedure di affidamento svolte in Italia”.
ASSORUP confida che si arrivi rapidamente alla sostituzione del decreto ministeriale n. 192 del 2017, tenendo conto delle peculiarità di questi RUP di oltre confine.