Riforma del codice: le Federazioni del CONI devono dotarsi di uffici acquisti e RUP competenti

di Pier Luigi Girlando con la collaborazione di Massimo Galdi


PREMESSA

L’avvio del processo di qualificazione delle Stazioni appaltanti da un lato e l’imminente riforma del codice dei contratti pubblici dall’altro rappresenta – per gli enti del settore sportivo in generale e per le Federazioni Nazionali del CONI in particolare – l’occasione di dotarsi, al proprio interno, di uffici strutturati e idonei ad affrontare il cambiamento che attende tutto il comparto della Pubblica Amministrazione. 

Il CONI E LE FEDERAZIONI TRA PUBBLICO E PRIVATO 

  1. Premessa

Nella formulazione della Legge 16 febbraio 1942, n. 426, il CONI veniva descritto come un ente esponenziale a struttura associativa con personalità di diritto pubblico, costituito appunto dalle Federazioni e dalle associazioni e società sportive ad esse affiliate ritenute “organi del Coni” ([1]) .

In favore di tale interpretazione contribuivano, altresì, alcuni indici peculiari tra cui la vigilanza dell’autorità ministeriale, la generalità degli interessi perseguiti, la percezione di finanziamenti statali, il peculiare regime fiscale e contabile; inoltre, contribuiva a tale connotazione la legge 20 marzo 1975, n. 70 che definiva, espressamente, il CONI quale ente pubblico necessario, assimilandolo agli enti strumentali ed ausiliari dello Stato. A corollario di tale quadro normativo le Federazioni sportive nazionali, in qualità di organi del Coni, ricevevano gli effetti della c.d. “pubblicizzazione” determinando una estensione dei poteri pubblicistici delle dette Federazioni sportive ([2]).

L’apparente “calma normativa” veniva turbata dalla Legge 23.3.1981 n.91 che introduce due fondamentali principi:

  1. In primo luogo viene eleminato ogni riferimento al concetto di organo con riferimento alla singola Federazione;
  2. Viene riconosciuta ad ogni Federazioni un’autonomia tecnica, organizzativa e di gestione sia pure sotto la vigilanza del CONI (art. 14secondo comma).

L’intervento legislativo pone fortemente l’accento sul carattere privatistico della natura giuridica delle Federazioni con ogni conseguenza riguardo la personalità, la gestione ed i rapporti con i terzi  facendo leva proprio sul principio di autonomia delle stesse inteso forse ([3]) in senso troppo ampio sino al riconoscimento alle Federazioni sportive di una soggettività di diritto privato, separata da quella del CONI, e regolata dalle norme del codice civile.

Le necessità derivanti dalla concreta gestione delle quotidiane attività della Federazione hanno imposto, in una realistica dialettica di diritto, l’adozione intermedia tra la tesi privatistica e la tesi pubblicistica di natura ibrida o mista delle Federazioni sportive nel senso che le stesse avrebbero, uno actu, sia le attività di tipo tecnico, organizzativo e gestionale che quelle riferibili all’attività istituzionale in quanto organi del CONI che operano nell’esercizio di attività funzionalizzate al perseguimento degli interessi sportivi ([4]) che, come osservato non esclude affatto la natura privata delle Federazioni sportive ([5]).

Sulla scorta dell’inquadramento giuridico sopra individuato si è inserito, successivamente, il d.lgs. 23 luglio 1999, n. 242 che, nel ridefinire l’assetto organizzativo dello sport italiano, interviene a riformare la normativa vigente ([6]). Il decreto, per un verso, conferma la personalità giuridica di diritto pubblico del CONI, e per altro verso, attribuisce alle Federazioni sportive personalità di diritto privato, munendole di autonomia (statutaria, tecnica, organizzativa, gestionale) ed assoggettandole, salvo deroghe, alla disciplina del codice civile ([7]). La conseguenza dell’intervento normativo definisce nuovi ambiti di attività nel senso che le Federazioni sportive, pur essendo associazioni di diritto privato, sono inserite nell’ambito dell’ordinamento sportivo che conferisce ad esse poteri autoritativi per il perseguimento di finalità pubblicistiche ([8]) per altri versi sono sempre organi del Coni e, quindi, gli atti da queste poste in essere sono imputabili al CONI con esclusione di quelle fattispecie in cui si muovono secondo poteri di autonomia negoziale ([9]).

  • L’attività

Ad ogni buon conto ogni persona giuridica pubblica, nel nostro Ordinamento, si propone e si connota in base agli atti che emana secondo la normativa vigente ed i suoi regolamenti interni e, nel caso di specie si avrà cura di analizzare, in forza del principio di diritto esposto, quale sia la natura ed il regime giuridico degli emanandi atti, la tutela dei soggetti coinvolti e l’efficacia degli stessi.

A corollario di quanto sopra detto si osserva che alle problematiche relative al riparto di giurisdizione si potrà applicare un criterio “funzionale” che abbia ad oggetto proprio la natura dell’atto ovvero della situazione soggettiva su cui andrà ad incidere (interesse legittimo o diritto soggettivo).

La sintonia dell’ordinamento sul piano sopradetto si riscontra nella dissoluzione dei limiti dell’assoggettamento dei soggetti (pubblici e privati) al paradigma formale per gli stessi previsti concentrandosi, per lo più, sulla dimensione oggettiva dei fatti e degli atti anziché ancorarsi al mero nomen juris. Si intende, in tal senso, che è più utile, secondo il quadro normativo vigente, valutare, di volta in volta, le attività da porre in essere e gli atti correlati (anche singolarmente intesi) al fine di avere da un lato migliori strumenti operativi e dall’altro la riduzione del rischio correlato alle procedure.

Non vi è dubbio che le Federazioni sportive pongono in essere attività amministrativa (intesa in senso ampio poiché ricomprendente procedimenti amministrativi ed attività private connesse e/o derivanti) e quindi dispongono dei loro diritti mediante atti autoritativi ed imperativi così atteggiandosi, nonostante la natura privatistica espressamente riconosciuta dalla legge, a veri e propri enti pubblici. Ci si riferisce, in particolare, all’adozione (rectius: alla potestà) di redigere ed emanare statuti, regolamenti interni, norme sanitarie ed atti applicativi; alle attività di controllo sanitario sugli sportivi professionisti, ai provvedimenti di affiliazione, revoca e controllo sulle società e sulle associazioni sportive; alle attività di tutela sanitaria, assicurativa e previdenziale degli atleti; infine, agli atti di repressione del doping. A tal riguardo si riporta l’art. 23, primo comma, dello Statuto del CONI (richiamato nel d.lgs. 8 gennaio 2004, n. 15) che così delimita i contenuti: “hanno valenza pubblicistica esclusivamente le attività delle Federazioni sportive nazionali relative all’ammissione e all’affiliazione di società, di associazioni sportive e di singoli tesserati; alla revoca a qualsiasi titolo e alla modificazione dei provvedimenti di ammissione o di affiliazione; al controllo in ordine al regolare svolgimento delle competizioni e dei campionati sportivi professionistici; all’utilizzazione di contributi pubblici, alla prevenzione e repressione del doping, nonché alle attività relative alla preparazione olimpica e all’altro livello, alla formazione dei tecnici e alla gestione degli impianti sportivi pubblici” così escludendo ogni possibile applicazione estensiva ad altre ipotesi e/o fattispecie.

Le Federazioni, quindi, agiscono come associazioni con personalitá giuridica di diritto privato non essendo pregiudicate dal fatto di essere organi del CONI ([10]) e possono essere considerate autonomi centri di imputazione di diritti e obblighi poiché la qualità di “organo” si aggiunge alle altre senza comprimerla e/o snaturarla nella sua connotazione normativa; d’altro canto, come associazioni con personalità giuridica, le Federazioni compiono in prevalenza atti di autonomia privata disciplinati dal diritto comune ([11]).

Un ulteriore indizio a supporto di tale impostazione è fornito dall’art. 133 lett. z) d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 che attribuisce al giudice amministrativo, in sede esclusiva, la giurisdizione sulle controversie relative agli atti delle Federazioni sportive “non riservate agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo ed escluse quelle inerenti i rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti”.([12])

Tale disposizione normativa, prevedendo tre distinte forme di giurisdizione (ordinaria, amministrativa e sportiva) con eterogenee discipline processuali, implica che le Federazioni possano compiere differenti tipi di atti, privatistici o pubblicistici, aventi ciascuno la propria peculiare disciplina sostanziale ([13]).

In tal senso si deve rilevare che la suddivisione sopra proposta poiché deriva dalla contrapposizione degli elementi precipui della natura pubblicistica e privatistica (in primis la differenza tra interesse legittimo e diritto soggettivo) non viene colta a livello europeo con la conseguenza che l’ordinamento italiano riconosce da tempo la possibilità di applicare norme pubblicistiche ad atti ed attività compiuti da soggetti privati allorquando vengano recepite alcune direttive in materia. Le Federazioni non perseguono scopo di lucro e soggiacciono ai poteri di indirizzo, vigilanza e controllo del CONI e, ad esempio, sono soggette all’esercizio del diritto di accesso ex art. 22 legge 7 agosto 1990, n. 241 limitatamente alle attività autoritative delle Federazioni ([14]).

La maggior parte delle Federazioni, quindi, (con esclusione al momento della Federcalcio ([15]) e della FISE) sono qualificabili, secondo l’Anac (delibera n. 372/2016) come Organismi di Diritto Pubblico ai sensi dell’art. 3 del Dlgs 50/2016 e, quindi, rientranti nell’ambito soggettivo di applicazione del vigente Codice dei Contratti così lasciando prevalere la sostanza sulla forma dicotomica dei rilievi sopra svolti ([16]).

A tal proposito si riporta anche una indicazione estensiva, di matrice europea, in materia di appalti pubblici, specificatamente per l’individuazione delle “amministrazioni aggiudicatrici”. L’art. 2, par. 1, punto 4 della Direttiva 2014/24/UE afferma che si considerano “«organismi di diritto pubblico»: gli organismi che hanno tutte le seguenti caratteristiche: a) sono istituiti per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale; b) sono dotati di personalità giuridica; e c) sono finanziati per la maggior parte dallo Stato, dalle autorità regionali o locali o da altri organismi di diritto pubblico; o la loro gestione è posta sotto la vigilanza di tali autorità o organismi; o il loro organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza è costituito da membri più della metà dei quali è designata dallo Stato, da autorità regionali o locali o da altri organismi di diritto pubblico” (la Direttiva 2014/24/UE del parlamento Europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 ha abrogato la direttiva 2004/18/CE in materia di appalti pubblici).

In ragione di quanto sopra detto è naturale chiedersi se la duplice natura delle Federazioni Sportive imponga che quest’ultime applichino o meno le norme in materia di affidamento degli appalti pubblici quando esercitino attività di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale. La giurisprudenza europea si è espressa proprio sul tema nella sentenza a cause riunite C-155/19 e C-156/19 FIGC e Consorzio Ge.Se.Av S.c.arl/ De Vellis Globali Srl (Sentenza della Corte, Quarta Sezione del 3 febbraio 2021“Rinvio pregiudiziale – Appalti pubblici – Procedura di affidamento degli appalti pubblici – Direttiva 2014/24/UE – Articolo 2, paragrafo 1, punto 4 – Amministrazione aggiudicatrice – Organismi di diritto pubblico – Nozione – Federazione sportiva nazionale – Soddisfacimento di esigenze di interesse generale – Vigilanza sulla gestione della federazione da parte di un organismo di diritto pubblico”: “Con la sua prima questione, il giudice del rinvio desidera sapere, in sostanza, se l’articolo 2, paragrafo 1, punto 4, lettera a), della direttiva 2014/24 debba essere interpretato nel senso che un’entità investita di compiti a carattere pubblico tassativamente definiti dal diritto nazionale può considerarsi istituita per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale, ai sensi della disposizione sopra citata, quand’anche essa sia stata creata non già sotto forma di amministrazione pubblica, bensì di associazione di diritto privato, e alcune delle sue attività, per le quali essa è dotata di una capacità di autofinanziamento, non abbiano carattere pubblico.”).

I VANTAGGI AD OPERARE QUALI SOGGETTI PUBBLICI

L’interpretazione che vuole le FSN qualificabili alla stregua di Organismi di diritto Pubblico ha radicalmente modificato il modus operandi del settore sportivo che, ancorché privato a livello delle Federazioni, ha dovuto adeguarsi a regole e meccanismi tipici della Pubblica Amministrazione per quanto concerne l’ambito degli acquisti.  Orbene, gli oneri derivanti dall’applicazione della disciplina codicistica non sono, in verità, solo elefantiaci adempimenti burocratici.

Le Federazioni Sportive dovrebbero investire in risorse umane competenti e dotarsi di strutture capaci di gestire tali attività con professionalità trasversali ed eterogenee, spaziando da background giuridico- amministrativi fino a quelli più tecnici, sempre più indispensabili se si pensa alla gestione dell’impiantistica sportiva.

Inoltre la configurazione ai sensi dell’art 3 del Codice consentirebbe alle Federazioni di approcciarsi al vasto settore della PA in un rapporto paritario, potendo proporre programmi di collaborazione e cooperazione cosi come consentito, sul piano generale, dall’art. 15 della L.241/1990 e più nel dettaglio dall’art.5 co 6 del Dlgs 50/2016.

Anche sotto il profilo dell’economicità i vantaggi sono innumerevoli, tali da sovvertire la quasi ancestrale credenza che vede nelle FSN il marketing ufficio di testa nel reperimento di risorse esterne. Invero un buon Ufficio Acquisti/RUP messo in condizione di approvvigionarsi tramite le convenzioni e gli accordi quadro di Consip e di centralizzare la spesa anche per quanto riguarda i propri uffici periferici (Comitati Regionali),  potenziato con i giusti mezzi e strategicamente posizionato all’interno della pianta organica federale, è in grado di far risparmiare alle casse delle Federazioni (e di conseguenza a quelle dello Stato) importanti somme che possono essere investite in formazione, ricerca e promozione dell’attività sportiva di base e di alto livello ([17]).

Si evidenzia ancora la natura delle federazioni sportive in considerazione di eventuali finanziamenti pubblici, utilizzato maggiormente dalle Federazioni e su risorse provenienti dal Comitato Olimpico nazionale italiano ed il rapporto di controllo sulle federazioni ad opera del CONI, il quale esercita su di esse anche il potere di commissariamento ([18]).

LA FIGURA DEL RUP NELLE FFSSNN

La prassi all’interno delle Federazioni (non in tutte) è quella di mantenere la posizione del Responsabile Unico del Procedimento in capo al Segretario Generale, organo monocratico responsabile del funzionamento e dell’amministrazione, nominato dal Presidente Federale. Raramente viene istituto un settore completamente dedicato agli Acquisti e gestito da un RUP nominato tra i dipendenti federali.  Solitamente la funzione Acquisti viene svolta nell’ambito dell’area amministrativo- contabile o semplicemente frammentata tra più settori tra loro interdipendenti. Eppure, la soluzione più logica in termini di efficienza vorrebbe la creazione stabile di una area o sotto- area interamente dedicata agli acquisti/gare. Un settore in cui prevedere risorse dotate di competenze giuridiche, economiche e tecniche. 

In tal senso si indicano alcuni principi sulla scorta delle dissertazioni sopra svolte:

  1. La figura e la funzione del RUP, ancorché individuata al di fuori dalla dirigenza federale, deve essere dipendente (rectius: nella pianta organica) dell’Ente (non è possibile esternalizzare l’incarico, a differenza di quanto avviene per le prestazioni di supporto al RUP) ed avere il corretto inquadramento di livello e la necessaria competenza a svolgere le mansioni di Responsabile Unico del Procedimento, così come prescritto dall’art. 31 del Dlgs 50/2016 e dalle linee guida ANAC n.3;
  2. Ritenuta la possibilità di individuare un RUP per ciascuna procedura d’acquisto (comprese quelle che si sostanziano in affidamenti diretti), la soluzione maggiormente efficace a tal fine è rappresentata dalla nomina di un unico titolare della carica al quale assegnare anche il coordinamento del settore Acquisti tra i dipendenti inquadrati nei livelli più alti e possibilmente in possesso di competenze giuridico-economiche;
  3. Per ogni singola procedura di affidamento e aggiudicazione sarà invece possibile identificare un Referente esecutivo del contratto, meglio se nella persona del Responsabile d’area o di settore al quale afferisce il contratto aggiudicato. Vale la pena sottolineare che, per espressa previsione normativa (l’art. 31 co 1 del Dlgs 50/2016 recita: “l’ufficio di responsabile unico del procedimento è obbligatorio e non può essere rifiutato) non è possibile rifiutare l’incarico di RUP.

Sebbene l’ambito in cui si trovano ad operare più frequentemente le FFSSNN sia quello del c.d. “sottosoglia comunitario”, è bene ricordare che gli i detti affidamenti -tra i quali rientra anche quello diretto puro- sono procedure tipizzate dal Codice dei Contratti Pubblici e, quest’ultimo in particolare – pur collocandosi al di fuori dal paradigma delle procedure competitive- non è sottratto all’ambito di applicazione dei principi generali e di quelle disposizioni che ne sono espressione. Per fare un esempio pratico, anche l’affidamento diretto disposto ad un unico operatore economico soggiace all’obbligo di motivazione da parte della Stazione Appaltante (obbligo sancito dall’art. 3 della L. 241/1990); però, poiché non è prevista una procedura di competizione/comparazione che abbia fissato a monte regole di partecipazione (disciplinare), regole tecniche (capitolato speciale d’appalto / Foglio Patti e condizioni) e regole di aggiudicazione (criteri ex art. 95 del Dlgs 5072016) vi è motivo di ritenere, all’esito delle attività istruttorie del RUP e recepite nel provvedimento di assegnazione del contratto, la legittimità del rispetto dei suddetti principi generali. Parimenti si può dire per il subprocedimento di verifica sui requisiti (art. 80 DLgs 50/2016) al quale certamente gli affidamenti diretti sono soggetti (sebbene l’ANAC, con le linee guida n.4, preveda comunque forme di semplificazione, per fasce di valore, quando l’importo dell’affidamento diretto rientra nel “range” dei 20.000 euro).

Pur mancando all’interno delle Federazioni quegli uffici tecnici dedicati alla progettazione (si pensi ai vari livelli di progettazione nell’ambito dei lavori), è stata individuata nella società Sport e Salute SpA la funzione di centrale di committenza, che ben potrebbe sopperire a tali mancanze; così come è consentito alle Federazioni Sportive ricorrere agli strumenti di acquisto messi a disposizione da Consip SPA (sempre quale centrale di committenza) tra cui il MEPA e le Convenzioni Quadro.

In conclusione, l’invito e l’augurio è quello di “gettare il cuore oltre l’ostacolo” ed investire in un settore, quello della contrattualistica pubblica che –  per quanto obiettivamente ostico per un mondo che si muove a metà tra il pubblico e il privato – è in grado di restituire grandissimi benefici alle Federazioni: in termini economici, di compliance  e di  accountabily, di trasparenza ed efficienza delle operazioni legate al suo funzionamento.


([1]) C. ALVISI, Autonomia privata e autodisciplina sportiva. Il CONI e la regolamentazione dello sport, Milano, 2000, p. 5, rileva che “con la stessa legge le Federazioni sportive nazionali vennero definite organi del CONI e vennero assoggettati all’approvazione del CONI sia gli statuti delle federazioni di nuova costituzione, sia i regolamenti interni contenenti le norme tecniche ed amministrative per il loro funzionamento, sia i regolamenti federali contenenti le norme sportive per l’esercizio dello sport controllato”. La qualificazione delle Federazioni sportive quali organi del CONI ha rappresentato per molto tempo l’argumentum principis per il riconoscimento della natura giuridica pubblica delle Federazioni. In giurisprudenza, esemplare, Tar Lazio, sez. III, 13 ottobre 1980, n. 882, in Riv. dir. sport. 1981, p. 57, secondo cui “le Federazioni sportive nazionali sono organi del CONI ed in tale qualità partecipano della natura pubblica di quest’ultimo”.

([2]) In giurisprudenza la natura pubblica delle Federazioni sportive è stata tradizionalmente riconosciuta da Cass. civ. Sez. Un., 19 giugno 1968, n. 2028, in www.cortedicassazione.it. Tar Lazio, sez. III, 13 ottobre 1980, n. 882, op. cit., p. 57.Cass. civ. Sez. Un., 16 giugno 1983, n. 4108, in Giust. civ. 1983, p. 2931. Tar Lazio, sez. III, 15 novembre 1983, n. 878, in Foro amm. 1984, p. 732.Tar Lazio,sez. III, 16 gennaio 1984, n. 4, in Foro amm. 1984, p. 1274..

([3]) A. CLARIZIA, La natura giuridica delle federazioni sportive anche alla luce della legge del 23 marzo 1981 n. 91, inRiv. dir. sport., 1983, spec. p. 208. M. SENSALE, La legge 23 marzo 1981, n. 91 e la natura giuridica delle federazioni sportive, in Riv. dir. sport., 1984, pp. 490 ss.. A. QUARANTA, Sulla natura giuridica delle federazioni sportive nazionali, in Riv. dir. sport, 1986, pp. 174 ss..

([4]) Cass. civ. Sez. Un., 9 maggio 1991, n. 5181, in Rep. Foro it. 1991. 

([5]) Cass. civ. Sez. Un., 9 maggio 1986, n. 3092, in Foro. it. 1986, p. 1257.

([6]) L’art. 19 del d.lgs.23 luglio 1999, n. 242 ha abrogato l’intera legge 426/1942 e l’art. 14 della legge 91/1981

([7]) L’art. 15 del d.lgs. 23 luglio 1999, n. 242 in proposito statuisce: “le Federazioni sportive nazionali svolgono l’attività sportiva in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi del CIO e del CONI, anche in considerazione della valenza pubblicistica di specifici aspetti di tale attività. (…). Le federazioni sportive nazionali hanno natura di associazione con personalità giuridica di diritto privato. Esse non perseguono fini di lucro e sono disciplinate, per quanto non espressamente previsto nel presente decreto, dal codice civile e dalle disposizioni di attuazione del medesimo”. La disposizione sembra costruire le Federazioni sportive alla stregua di un Giano bifronte: da un lato persone giuridiche di diritto privato, sottoposte al diritto comune, dall’altro, soggetti con funzioni pubbliche, incardinati nell’ordinamento sportivo e sottoposti ai poteri di vigilanza e controllo del CONI

([8]) Le Federazioni sportive nazionali, pur qualificate associazioni di diritto privato, risultano in ogni caso incardinate in un sistema pubblicistico. Occorre, pertanto, distinguere nelle Federazioni il momento genetico di matrice privatistica dal compresente momento funzionale di natura pubblicistica riconducibile al collegamento con il CONI

([9]) In giurisprudenza già Cass. Sez. Un., 9 maggio 1986 n. 3092, in Foro it., op. cit., p. 1254.

([10]) I riferimenti per la descrizione del Coni quale ente pubblico sono: a) la funzione d’interesse pubblico perseguita dal Comitato (Art. 2, l. n. 426/1942: “Compiti del Comitato olimpico nazionale italiano (C.O.N.I.) sono l’organizzazione ed il potenziamento dello sport nazionale e l’indirizzo di esso verso il perfezionamento atletico, con particolare riguardo al miglioramento fisico e morale della razza”), il controllo statale contabile, il finanziamento pubblico e il procedimento pubblico di nomina del Presidente. La conferma ulteriore della natura pubblica del C.O.N.I. vi è anche in seguito alla legge n. 70 del 1975 (L. 20 marzo 1975, n. 70, “Disposizioni sul riordinamento degli enti pubblici e del rapporto di lavoro del personale dipendente”) che lo inserisce nella Tabella V degli “enti pubblici parastatali”. Si ritiene che da un lato, la qualifica di ente parastatale chiarifichi la natura pubblica del Comitato, dall’altro pone un ulteriore problema poiché l’ente parastatale risulta essere, per definizione, un ente finanziato e controllato dallo Stato, e tal regime giuridico mal si uniforma con la natura peculiare dell’Ordinamento Sportivo in ragione dell’autonomia sempre marcata. Infine, con il decreto legislativo n. 242 del 1999, c.d. Decreto Melandri, vi è stato un esplicito riconoscimento della personalità giuridica di diritto pubblico del C.O.N.I..

([11]) L’unico riferimento normativo lo si trova in materia di impiego pubblico, precisamente con d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 1, co. 1: “Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300”.

([12]) Art. 3, co. 1, d. l. 220/2003: “Esauriti i gradi della giustizia sportiva e ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario sui rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti, ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo ai sensi dell’articolo 2, è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. In ogni caso è fatto salvo quanto eventualmente stabilito dalle clausole compromissorie previste dagli statuti e dai regolamenti del Comitato olimpico nazionale italiano e delle Federazioni sportive di cui all’articolo 2, comma 2, nonché quelle inserite nei contratti di cui all’articolo 4 della legge 23 marzo 1981, n. 91”.

([13]) I requisiti dell’organismo di diritto pubblico, come noto, sono tre:

a) l’essere istituito per soddisfare bisogni di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale;

b) avere personalità giuridica di diritto privato;

c) essere finanziato o controllato dalla mano pubblica.

([14]) La Corte Europea, Quarta Sezione del 3 febbraio 2021, effettua una ricognizione di tutti i poteri che il CONI esercita nei confronti delle Federazioni verificando se si possano spingere fino ad influenzarne l’autonomia gestionale:

-il potere di riconoscere le Federazioni ai fini sportivi (Art. 5, co. 2 lettera c), d.lgs. n. 242/1999; art. 15 co. 5 e 6 d.lgs n. 242/1999);

-il potere di adottare deliberazioni, atti di indirizzo, orientamenti e istruzioni nei confronti delle Federazioni;

-il potere di approvare gli Statuti, i bilanci consuntivi e di previsione annuale delle Federazioni;

-il potere di nomina dei revisori dei conti in rappresentanza del CONI;

-il potere di commissariamento delle Federazioni per gravi irregolarità nella gestione, per gravi violazioni dell’Ordinamento Sportivo. Oltretutto, la Corte ha affermato che qualche perplessità, circa l’influenza del Comitato nell’autonomia gestionale delle Federazioni, può esservi in relazione al potere di commissariamento, poiché il giudice nazionale dovrà verificare se si tratti di un semplice controllo di regolarità e non di una verifica politica di gestione delle Federazioni che implichi un controllo permanente sulla gestione di quest’ultime.

([15]) La Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC) ha indetto una procedura negoziata per l’affidamento dei servizi di facchinaggio al seguito di squadre nazionali di calcio e presso il magazzino della FIGC per una durata di tre anni. Al termine di tale procedura una delle offerenti, risultata non aggiudicataria dell’appalto, ha proposto ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio contestando le modalità con la quale è stata condotta la procedura. Precisamente la ricorrente ha lamentato che la FIGC, in quanto “organismo di diritto pubblico”, avrebbe dovuto rispettare gli obblighi di pubblicità previsti dalle norme in materia di appalti pubblici. Il TAR Lazio ha accolto il ricorso e annullato l’affidamento dell’appalto ritenendo sussistente l’obbligo per la FIGC di applicare le norme in materia di appalti pubblici in quanto “organismo di diritto pubblico”. La Federazione e il soggetto affidatario hanno proposto ricorso dinnanzi al Consiglio di Stato contestando specialmente la qualifica di “organismo di diritto pubblico”.

([16]) In relazione all’affidamento Federcalcio il primo aspetto da chiarire è se l’articolo 2, par. 1., punto 4, lettera a) della direttiva 2014/24, inerente la qualifica di “organismo di diritto pubblico”, possa essere applicato ad “entità” che, sebbene esercitino attività di interesse pubblico tassativamente previste dalla normativa nazionale, abbiano natura giuridica di diritto privato. La Corte europea rileva in proposito che l’attività di interesse generale costituita dallo sport, in Italia, viene realizzata da tutte le Federazioni Sportive che sono investite di compiti a carattere pubblico, previsti dalla stessa normativa nazionale, presumibilmente privi di carattere industriale e commerciale. Si desume che qualora la FIGC, ovvero qualsiasi altra Federazione, realizzi effettivamente tali compiti può essere considerata come creata per soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale ed economico. Inoltre, la natura di associazione di diritto privato della Federazione non mette in discussione tale interpretazione marcando nuovamente l’approccio secondo il quale la loro natura pubblica derivi dalle funzioni che vengono concretamente perseguite, e non dal loro momento genetico. In seconda istanza, la Corte si è interrogata se la gestione di una Federazione Sportiva possa essere considerata subordinata all’attività di controllo di un’autorità pubblica come il Comitato Olimpico Nazionale Italiano. Nel caso di specie, il giudice europeo ha ritenuto che il potere di vigilanza e controllo esercitato dal CONI, in ottemperanza della normativa nazionale, non si estenda al punto di influire l’autonomia di gestione riconosciuta alle Federazioni, con la conseguenza che il Comitato non possa incidere in materia di affidamento di appalti pubblici.

([17]) L’ordinanza del 12 febbraio 2019, n. 1006, della quinta sezione giurisdizionale del Consiglio di Stato, ripropone agli studiosi del diritto, non solo sportivo, una questione che sembrava risolta dalla normativa vigente: quella della natura giuridica delle federazioni sportive.

([18])  Il dibattito sulla natura giuridica delle federazioni sportive – enti di diritto pubblico o di diritto privato – è sempre più attuale e delicato. L’ente pubblico, infatti, gode sicuramente di alcuni privilegi istituzionali; al contempo, rimane vincolato a importanti oneri operativi. Tra questi, innanzitutto, le limitazioni in merito alla vocazione alla spesa per investimenti, oppure la subordinazione alle procedure e ai precetti di cui al d. lgs. 18.4.2016 n.50 (Codice dei Contratti Pubblici). La definizione di “organismo di diritto pubblico” di cui all’art.3, lett. d, n.3, del decreto è il punto di partenza normativo sul quale si fonda la recente delibera ANAC n.367 del 27.7.2022, dedicata all’accertamento della insussistenza della natura di organismo di diritto pubblico in capo alla Federazione Italiana Sport Equestri (“FISE”).

Le conclusioni dell’Autorità – che escludono la natura pubblica della Federazione – si inseriscono nella linea tracciata dalla elaborazione più recente del Consiglio di Stato che ha parlato di frantumazione e di relativizzazione della “nozione di ente pubblico”, qualificata oramai come “funzionale e cangiante” (cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez.1^, parere n.1206 del 6.7.2022). La facile lettura dicotomica (pubblico / privato) è superata da una continua ricerca e mutevole ricostruzione degli istituti applicabili di volta in volta al singolo ente, tale da portare all’esatta individuazione della sua natura (Cass. Civ. SS. UU. 19.4.2021 n.10244).

Gli indici analizzati per giungere a tale risultato sono due. In primo luogo, l’Autorità – recuperando i precipitati del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti, dedicati sia alle federazioni sportive, sia specificatamente al FISE – ha rilevato che il CONI (ente di diritto pubblico) non esercita sulla Federazione un controllo inteso come capacità di influire in modo preponderante sulla politica generale o sul programma dell’ente. Al CONI non è stata riconosciuta neanche la possibilità di esercitare un’influenza reale e rilevante sulla definizione e sulla realizzazione degli obiettivi della FISE, degli indirizzi strategici e delle rotte prospettiche che l’ente in questione intenda perseguire. Il CONI, di fatto, si atteggia a “regolatore” di ultima istanza, teso a indicare alle federazioni sportive dei “principi guida” astratti e gli orientamenti volti ad armonizzare l’attività delle federazioni. Anche il controllo contabile del Comitato Olimpico (sui bilanci preventivi e consultivi della Federazione) è stato definito “formale ed esterno”, privo di impulso di indirizzo.

Quindi, da un punto di vista istituzionale, la FISE è priva di controllo dominante da parte dell’Ente pubblico di riferimento (il CONI). Poi, per quanto attiene al secondo indice, l’influenza pubblica dominante è stata esclusa anche dal punto di vista alternativo del finanziamento pubblico maggioritario.

Secondo la giurisprudenza eurounitaria (CGUE 12.9.2013, causa C-526/11), il finanziamento pubblico va analizzato secondo un’ottica funzionale, inclusivo anche degli introiti “indiretti”, come il contributo previsto e imposto dalla legge che non costituisce corrispettivo del godimento effettivo dei servizi forniti, nel caso di specie, dalla stessa FISE, ai soggetti terzi, le cui modalità di riscossione derivano dai pubblici poteri.

L’ANAC, anche in questo caso recuperando le statuizioni della magistratura contabile e amministrativa, ha accertato che le quote associative versate dagli utenti (pari, nel 2015, a circa il 60% delle entrate) sono autonomamente determinate dalla FISE: il CONI non ha alcun potere politico su tale processo, né può ridurre il proprio contributo (di ammontare pari al 30% delle entrate) laddove, nel proprio ruolo di controllore del bilancio, sia in disaccordo con le decisioni della stessa FISE sulla quantificazione degli importi delle quote.

Pertanto, l’Autorità ha confermato che la Federazione Italiana Sport Equestri non è un organismo di diritto pubblico e che non ricorre il requisito dell’influenza pubblica dominante. Con la conseguenza che sarà soggetta alla disciplina del Codice dei Contratti Pubblici, di cui al d. lgs. 50/2016 e s.m.i, solo quando dovrà trattare – ad esempio – con un ente pubblico, mentre – in un rapporto di diritto privato con terzi, ad esempio un appalto – sarà libera da tale articolato di legge.


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