Finalmente è legge. Il Consiglio dei ministri ha approvato il testo del nuovo codice degli appalti. Una normativa della quale si sentiva il bisogno almeno dal 2019, da quando il Decreo Legge Sblocca Cantieri ha iniziato lo smantellamento del Codice del 2016. Sono poi arrivati i Decreti semplificazione del 2020 e 2021 per incentivare gli investimenti pubblici nel settore delle infrastrutture e dei servizi pubblici, nonché far fronte alle ricadute economiche negative a seguito delle misure di contenimento e dell’emergenza sanitaria globale del COVID-19.
Siamo al 2023 e vedremo se questa sara’ la volta buona per sviluppare il sistema degli appalti e rilanciare l’economia pubblica. I tempi rapidi di elaborazione, incluse le ridotte audizioni alle quali ASSORUP ha avuto l’onore di partecipare, lasciano intravedere il rischio di correzioni al testo. Ricordiamo la pessima esperienza del precedente codice che, dopo solo un anno dall’approvazione, e’ stato modificato in 121 articoli dei 220 totali. La probabilita’ di correttivi si puo’ trasformare nel pericolo di stasi delle stazioni appaltanti in attesa delle evoluzioni. Un pericolo che non si puo’ correre visti i ritardi che si sono gia’ accumulati sulla realizzazione del PNRR.
A proposito, questo e’ il primo codice dove apparentemente non ricorre il solito “ce lo chiede l’Europa”. Il testo approvato non e’ conseguente a nuove direttive europee che pure sono all’orizzonte visto che il tagliando decennale del pacchetto UE del 2014 si avvicina. Eppure, a ben vedere, anche questo Codice non e’ nazional popolare, con buona pace del Governo in carica. Infatti non dimentichiamo che la riforma del quadro legislativo in materia di appalti pubblici e concessioni e’ un obiettivo del Recovery Plan. Piu’ precisamente della missione Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo. Senza questo nuovo Codice non avremmo potuto ricevere la tranche che e’ stata erogata a settembre 2022 sul falso presupposto che la riforma era stata realizzata in virtu’ della legge delega. Raggiunta questa milestone resta la domanda: a che punto siamo? Lo scopriremo nei prossimi mesi dove stazioni appaltanti e operatori economici dovranno applicare il nuovo articolato.
Questo Codice ha tante pecche, a partire dalla possibilità nuova per le Stazioni Appaltanti di nominare RUP anche dipendenti assunti a tempo “determinato”.
Ciò faciliterà l’assunzione ad hoc di personale esterno, a discapito di chi opera come RUP da anni e con comprovata esperienza all’interno della stessa Stazione Appaltante.
Rischi enormi in materia di correttezza e corruzione, con maggiori difficoltà ad effettuare controlli da parte delle figure preposte della Stazione Appaltante, sono legati all’aumento della soglia economica per cui gli appalti possono essere affidati in via diretta o a mezzo di negoziata. Il subappalto a cascata poi aumenta il rischio di non avere effettivo controllo sugli esecutori e sulla qualità dei lavori.
Vedremo se questo Codice, che ci riporta indietro soprattutto sulle possibilità di verifica e azioni correttive sull’anticorruzione e antimafia…non riporterà di nuovo l’Italia in una zona oscura.