Le recenti vicende giudiziarie in Puglia e Liguria restituiscono attualità ad antiche questioni legate al finanziamento della politica. I partiti hanno bisogno di ingenti capitali per funzionare e raggiungere l’obiettivo di entrare nelle istituzioni con i propri programmi e, allo stesso tempo, hanno bisogno del voto dei cittadini. Il denaro è lo strumento della cattiva politica per comprare il voto degli elettori e svendere l’interesse pubblico ad imprenditori disonesti. Inutile girarsi e fingere che il tema sia occasionale ed eccezionale, frutto di inchieste che solo all’esito del dibattimento diranno se gli indagati siano penalmente responsabili.
Il voto di scambio è illecito. Tuttavia sarebbe ipocrita ritenere che un cittadino o un’impresa finanzi un candidato semplicemente per ideale politico e spirito di liberalità. Perché dovrebbe esser lecito pensare che un gruppo di cittadini organizzi una cena elettorale per raccogliere fondi in favore di un politico che assume l’impegno per realizzare una scuola o un centro anziani nel loro quartiere, mentre un gruppo di imprenditori che ambisce a realizzare quella stessa scuola dovrebbe esser visto con la lente della procura della repubblica? Il voto si scambio si realizza sistematicamente in quei comuni in cui il Sindaco eletto è chiamato a vigilare su tutte le pratiche dei cittadini che l’hanno votato. Ed è naturale che le imprese che hanno finanziato quello stesso Sindaco si aspettino di poter realizzare i propri affari.
Si badi bene, non stiamo affermando che ciò sia corretto ma semplicemente che il finanziamento privato della politica non può che portare a questa distorsione perché l’interesse pubblico che l’amministratore deve realizzare si sovrappone all’interesse particolare e personale di coloro che sostengono quella candidatura. L’interesse pubblico è sempre il frutto della valutazione degli interessi privati – individuali o collettivi – in gioco. Siano essi di un cittadino organizzato in un comitato di quartiere o di un imprenditore che opera nel mercato degli appalti pubblici.
Il tempo dei grandi ideali politici è tramontato nel secolo scorso. È forse il caso di ripensare alla decisione presa con il referendum del 1993 sul finanziamento pubblico, che in paesi come la Germania continua ad essere il modello per dare risorse alla politica. Eliminando questo potenziale conflitto d’interessi, gli amministratori ed i RUP potrebbero scegliere, con imparzialità e correttezza, i contraenti di appalti e concessioni senza la preoccupazione di dover chiarire in procura che l’assegnazione del contratto non sia stata frutto di favoritismi o corruzione. Il finanziamento pubblico, ben calibrato, ridurrebbe la paura della firma.